domenica 26 maggio 2013

Siamo un popolo senza memoria.

Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura.
Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane.
Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.
Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti.
Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.
Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti.
Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.
Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali…
…….Si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare.
Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario.
Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia.
Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più.
La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione.
OTTOBRE 1912: relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione al Congresso Americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti.

“Se non ora adesso” - Don Gallo

Tratto dal libro di Don Gallo “Se non ora adesso”, la “Lettera ai giovani.
Comprendo profondamente quello che i giovani vivono, e sono costernato, addolorato per l’assenza di futuro cui sembrano condannati. Come faccio ad avere la pretesa di sradicare questa assenza di futuro? I responsabili delle grandi agenzie, dei grandi poteri, delle istituzioni sembrano interessati solo a giovani che “servono”, che rinunciano alla loro coscienza critica, alla loro autonomia, alla loro autogestione: il potere vuole solo giovani ubbidienti
Ricordo che ero ancora al Carmine, ero amico di un taxista che con molti sacrifici faceva studiare il figlio. Siamo negli anni Settanta, il figlio si laurea brillantemente e partecipa a un concorso all’Eni arrivando primo assoluto. Assunto immediatamente, rinuncia. Suo padre viene da me disperato, aveva lavorato una vita, era riuscito a comprare una licenza da taxista, per il figlio aveva fatto tutto quello che poteva. Niente, tutto in fumo. Perché? Volevo capire. Così ho incontrato quel ragazzo, abbiamo parlato, gli ho chiesto come mai aveva rifiutato. Il concorso era basato solo su test, bastava una crocetta, un sì o un no. Nessun margine. Nessuna libertà, nessun confronto. Il ragazzo si è sentito uno strumento in mano di un ingranaggio molto più grande di lui. Mi disse che dove aveva risposto sì ed era risultato giusto, lui in realtà avrebbe messo un no, e via così. Ci ha ripensato e ha rifiutato il posto. Come dargli torto. Adesso fa il ricercatore. Con i giovani bisogna partire da questo assunto: condividiamo con voi l’assenza di futuro.
 Mario Monicelli lo aveva capito, e secondo me si è suicidato perché non aveva visto segni di rivolta. 
Ora i segni cominciano a vedersi, sono minoranze anche se consistenti, ma quante volte i giovani sono stati schiacciati. È un omicidio lento, troppi giovani studiano e poi non hanno sbocchi. 
Marco Revelli chiama i giovani “scoraggiati inattivi“: molti, dopo essere passati attraverso la delusione, la disperazione, l’alienazione, sono scoraggiati. Inattivi: in Italia i giovani che non lavorano superano di tre volte quelli dell’Europa, e il lavoro neanche lo cercano. Allora ci vuole una rottura e può essere necessario anche uscire dalla legalità, quella del potere, per entrare nell’illegalità non violenta. È certo che chi fa una scelta così deve essere pronto ad accettarne le conseguenze. Socrate venne accusato di istigare i giovani alla illegalità. Anche io l’ho fatto e per questo sono stato denunciato: avevo partecipato all’occupazione di una vecchia scuola, un posto bellissimo. Che male c’era? Non abbiamo abbattuto niente, abbiamo valorizzato un luogo abbandonato e lo abbiamo utilizzato. Naturalmente con i giovani devi essere trasparente, devi proporre esempi, non bastano le parole. C’è un teologo che continua a dire che la fede viene prima dell’etica, ma è nel comportamento coerente con gli insegnamenti di Gesù che si può sperimentare la fede.
 Ricordo che ero già in noviziato e una delle parabole del mio insegnante diceva: “Timeo Jesum transeuntem”, temo il passaggio di Gesù. Poi ci faceva guardare un quadro dove c’era una porta e ci diceva: guardate bene la porta, cosa ne dite? Non aveva serratura, quindi uno dal di fuori non poteva entrare, neanche se aveva le chiavi. “Significa che Gesù passa, ma se tu non apri, è inutile!”. Ecco perché quel vescovo del Brasile aveva scritto sulla facciata della sua chiesa: caro cristiano, tu che stai per entrare, sappi che il mondo si divide in oppressori e oppressi.
 Tu da che parte stai?
Bisogna ricordare cosa scrisse Antonio Gramsci nel ’19, il suo richiamo contro l’indifferenza e l’urgenza di scegliere da che parte stare. I giovani ci provano, stanno lavorando, elaborando proposte concrete, coerenti e costruttive, stanno arrivando alla scelta epocale della non violenza. E questo sta accadendo in tutto il mondo. È “un fiume che avanza” e che ha cominciato il suo lento cammino già dieci anni fa al G8 di Genova, quando i giovani hanno posto una domanda importante: “Signori del G8 – hanno gridato – non vi sembra che sia una cinica pretesa venirci a dire che l’unico mondo possibile è il vostro?”. Oggi c’è una crisi che non è politica, ma di sistema. I giovani sanno che è di lunga durata e che bisogna costruire un tessuto nuovo. È faticoso, ma anche entusiasmante, e noi non possiamo deluderli. La mia bussola è la Costituzione, l’articolo 3 in cui si parla della differenza tra previdenza e assistenza, della tutela della parità della donna lavoratrice, del lavoro minorile, della sicurezza sul lavoro: questa è la legalità da difendere. 
Qualche mese fa ero a Piombino per un incontro sul drammatico tema dei morti sul lavoro, e in quell’occasione abbiamo riletto l’articolo: “Tutti i cittadini – recita – hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
 Be’, allora, chi è che non ha rispetto della legalità? Chi disattende la Costituzione o chi protesta perché la Costituzione viene disattesa? È ora che i partiti capiscano quale ruolo dà loro la Costituzione e non mettano il cappello ai movimenti. La nostra è una Res publica, è di tutti. A partire dai giovani che devono essere coinvolti in prima persona nel processo di rinnovamento di questa democrazia e di difesa della Costituzione. La Costituzione è stata fatta per i giovani, per tutti i giovani che verranno.

sabato 25 maggio 2013

Pd, metodo Jolie

è probabile che il Pd abbia scelto il metodo Angelina Jolie che, temendo un tumore ai seni, se li è fatti asportare. Siccome B. potrebbe andare al governo dopo le prossime elezioni, tanto vale portarcelo subito noi. E siccome alle prossime elezioni potremmo perdere i nostri elettori rimasti, li mettiamo in fuga subito e ci leviamo il pensiero. Come quel tale che, temendo di diventare impotente, si evirò. Furbo, lui.
l'intero articolo http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/25/pd-metodo-jolie/605863/

lunedì 13 maggio 2013

Interdetti

UomoScrivania (@postofisso2012) ha twittato alle 7:43 PM on lun, mag 13, 2013: La #Boccassini chiede l'interdizione di #Berlusconi dai pubblici uffici. Io continuo a chiedere l'interdizione di chi lo ha votato per anni. (https://twitter.com/postofisso2012/status/334000936764702720)

domenica 12 maggio 2013

Ti farò mangiare per qualche mese



E Lui disse: “Signora, le darò quanto sufficiente per non avere problemi per qualche mese.” 

Le nubi in cielo si aprirono lasciando passare i caldi raggi del sole. 

E svanirono i quattro anni di galera, inflitti dalla giustizia dell’uomo.
 
E svanirono anni e anni di devastazione e ruberie.

E si cancellarono con una sola promessa, anni di abbruttimento, di mafia, di appalti truccati, di sanità depredata, di miseria umana, di bambine violate ma ben retribuite, di ricatti e ricattatori, di devastazione socioculturale.




http://r-esistenza-settimanale.blogspot.it/2013/05/ti-faro-mangiare-per-qualche-mese.html

"daltonici", dei disinformati o peggio in mala fede.

Il padre di Alessandra Galli, la presidente della Corte d’appello che ha condannato Berlusconi, è stato ammazzato con tre colpi di P38 da Prima Linea ( un'organizzazione armata di estrema sinistra di stampo comunista), il 19 marzo 1980, fu lei, studentessa di 20 anni a riconoscerne il cadavere. Ora, ci vuole bella faccia tosta per sostenere che i giudici che fanno il loro lavoro siano "comunisti" e che abbiano emesso sentenze "politiche".
Chi lo sostiene (e chi ci crede) quanto meno sono dei "daltonici", dei disinformati o peggio in mala fede.

venerdì 10 maggio 2013

fare politica logora

PRIMA LAVATEVI LA BOCCA



Alessandra Galli, la presidente della Corte d’appello che ieri ha condannato Berlusconi, era una mia compagna di scuola, al Berchet di Milano, più di trent’anni fa.

L’ultima volta che l’ho vista era in lacrime, poco dopo l’omicidio di suo papà.


Era l’anno della mia maturità, lei si era diplomata l’anno prima e faceva già Giurisprudenza, alla Statale: dove appunto uccisero suo padre.

Anche lei, Alessandra, era in Statale quel giorno. Al bar, mi pare. Era da poco primavera e nei giardinetti della Guastalla, lì accanto, erano appena fiorite le Forsythie gialle.

Non eravamo amici stretti, ma la conoscevo abbastanza. Soprattutto perché durante il liceo stava con un uno dei miei migliori amici, uno di quelli che vedo ancora adesso.

In quegli anni di manifestazioni, occupazioni e cortei, Alessandra si teneva in disparte. Non faceva politica, né come militante né come simpatizzante. Anzi, guardava con un po’ di altero distacco noi che facevamo ‘casino’. Lei studiava e basta. Mi pare che avesse la mezza idea fare la grafica, da grande, prima di decidersi a seguire le orme del padre: a fare della legge e della sua applicazione un culto e una ragione di vita.

Immaginatevi quanto possa essere ‘comunista’ e ‘toga rossa’, poi, una che ha visto il papà ammazzato da Prima Linea.

Ma pensate anche a quanto sia indecente l’accusa di aver emesso, lei, «una sentenza politica per favorire i disegni disgregatori del nostro Paese, con una condanna che non colpisce Berlusconi ma chi l’ha pronunciata» (Brunetta). O di «voler allontanare la stagione della pacificazione negando con ostinazione la verità» (Schifani). O peggio ancora – mio Dio, che cattivo gusto – di essere un giudice «armato fino ai denti, guerrafondaio e inconsapevole della fine della guerra» (D’Alessandro).
Lavarsi la bocca, questo solo dovrebbero fare, questi coprofili del Caimano, prima di parlare di Alessandra Galli.


— Piovono Rane
    Alessandro Gilioli

voleranno carte bollate

https://www.facebook.com/giorgio.schiavinato/posts/10218479093226359